Adulti: impariamo a farci da parte per dare spazio ai giovani

Adulti: impariamo a farci da parte per dare spazio ai giovani

Michele Gagliardo, referente nazionale sulla formazione per l’Associazione Libera contro le mafie, ex responsabile dell’Area giovani del Gruppo Abele e consulente sulle politiche giovanili per il Comune di Parma, fa parte del gruppo di lavoro che sviluppa la ricerca di YEPP Italia sulla partecipazione giovanile “Cittadinanza attiva e volontariato dei giovani”. Oltre a Gagliardo, fanno parte del gruppo Kristian Caiazza, Paolo Putti, Anna Noka, Anna Francesca Testani e, nel ruolo coordinamento della ricerca, Angela Lostia e Ortensia Romano di YEPP Italia.

Grazie al contributo di Michele Gagliardo vogliamo approfondire la metodologia adottata per strutturare il percorso della ricerca.

Questo percorso è molto utile per noi adulti e per le organizzazioni - spiega - soprattutto per capire come metterci al fianco dei giovani verso una loro responsabilizzazione, per dare spazio alla loro intelligenza e passione per il futuro espressa in modi diversi: abbiamo bisogno di capire come facilitare questo processo”.

Il lavoro di ricerca prefigura un processo graduale. Inizialmente YEPP Italia ha costituito un gruppo ristretto, composto da 7 persone con esperienze ed età diverse. Il primo aspetto metodologico riguarda proprio il gruppo come primo “luogo di pensiero” in cui confrontarsi per ragionare sui temi scelti. Un gruppo che agisce con continuità, è aperto all’integrazione e al confronto in itinere con altri contributi di pensiero, e dialoga costantemente con i referenti della Fondazione Compagnia di San Paolo (Marzia Sica e Luca Grbac per l’Obiettivo Persone, Carlotta Galuppo per l’Obiettivo Cultura).

Quando si imposta un percorso di ricerca - evidenzia Michele Gagliardo - è importante partire dall’organizzazione di alcuni pensieri. A partire dalle nostre differenze anagrafiche, esperienziali, formative, dalle nostre sensibilità ... abbiamo messo insieme alcune questioni relative ai temi scelti. Abbiamo poi discusso temi e snodi di valore attorno ai quali costruire un’analisi delle opportunità e degli ostacoli alla partecipazione dei giovani. Infine abbiamo scelto di fare una quarantina di interviste qualitative per verificare, ampliare e organizzare i nostri pensieri”.

Le interviste rappresentano quindi una prima fase della ricerca sul campo, che andrà a coinvolgere persone di realtà diverse. “Abbiamo individuato alcune categorie e costruito un elenco di persone che potessero approfondire a ampliare il ragionamento attorno ad alcuni temi - racconta Michele Gagliardo -.  Si tratta di rappresentanti dell’associazionismo che si rivolge al mondo giovanile e di rappresentanti del volontariato. L’intento è indagare cosa sta accadendo nella relazione con i giovani poiché da tempo denunciano la difficoltà di costruire il fondamentale ricambio generazionale. Intervisteremo rappresentanti di movimenti giovanili: se da un lato si vede infatti una crisi della partecipazione formale, dall’altro è evidente come forme non convenzionali stiano aumentando, pensiamo ai movimenti legati all’ambiente. Sentiremo rappresentanti del mondo dell’arte e della cultura, della musica perché sono forme di espressione e modalità per i giovani di prendere spazio e dire la propria sul mondo. Interverranno anche esperti che indagano i fenomeni giovanili”.

Una volta realizzate le interviste, l’obiettivo sarà strutturare le conoscenze raccolte e, nella seconda fase della ricerca sul campo, raggiungere i giovani di Piemonte e Liguria tra i 15 e i 25 anni e ascoltare il loro punto di vista. “Vogliamo verificare, sviluppare, approfondire i temi toccati, con il contributo di pensiero dei giovani - precisa Michele Gagliardo -. I dati raccolti verranno poi elaborati e si produrrà un report finale. È un percorso ampio, articolato, che garantisce un alto livello di partecipazione e una modalità mirata sui giovani per poter dare loro spazio in modo preciso rispetto alle loro esperienze di cittadinanza e partecipazione così da poterle capire”.

Nel passaggio tra la prima e la seconda fase (raccolta e sistematizzazione delle interviste, sviluppo di uno strumento rivolto ai giovani), Michele Gagliardo vede un momento in cui il gruppo dovrà mettersi in gioco in modo specifico, avendo una certa flessibilità.

“Studiare l’esperienza della partecipazione e della cittadinanza attiva dei giovani - chiarisce - significa maneggiare una materia multifattoriale. Non bisogna essere generici quando si parla con i giovani. Arriveremo ad ascoltarli già con una grande quantità di materiale grazie alle interviste e chiederemo ai giovani un punto di vista su temi specifici. In questo momento, ad esempio, prediligono forme partecipative attente ad alcuni temi per loro importanti come l’ambiente, il clima, le migrazioni, gli stereotipi di genere, temi puntuali sui quali si spendono in modo preciso, con modalità specifiche perciò anche noi dobbiamo costruire i temi di un processo puntuale, ma sostenibile. Quando lavoriamo con i giovani il rispetto dei percorsi e dei giovani stessi è importante: bisogna parlare di “giovinezze”, “adolescenze”, non si può non tenere conto dei percorsi soggettivi”.

Finora nel gruppo sono emerse diverse questioni su cosa rappresenti la dimensione partecipativa. “Prima di tutto ha un impatto dal punto di vista esistenziale - precisa Gagliardo - partecipare significa occuparsi della vita degli altri e del mondo, è una questione civile, ma anche esistenziale. Il fatto che una fetta di giovani fatichi a giocarsi nella dimensione partecipativa è un fattore che genera grande sofferenza”.

Secondo Gagliardo ci sono poi questioni legate all’attuale contesto che ostacolano la partecipazione dei giovani. “Il contesto psicologico e culturale in cui siamo immersi è talmente impoverito che non aiuta l’incontro col mondo, la cura degli altri, anzi spinge alla sopravvivenza, alla separazione, alla performance, punta sulla competizione e sul massimo risultato per sé. Queste condizioni stressano la dimensione individuale. Personalmente ritengo che certe forme di ritiro sociale (come l’hikikomori - ndr) siano paradossalmente un modo per rifiutare e protestare contro questo contesto”.

Altri temi fondamentali, secondo Gagliardo, sono la narrazione attorno alla cittadinanza attiva ed i modelli educativi. “Gli adulti si tengono il potere e cercano di mantenerlo il più a lungo possibile - afferma -. Alcune categorie comandano, scelgono la direzione del mondo, narrando che è buono che qualcuno scelga per tutti: non c’è più una narrazione dell’importanza della partecipazione come, ad esempio, negli anni Settanta. Molte educazioni poi sono parziali, hanno paura del futuro, si occupano delle fatiche dei giovani e non di come aprirli ad uno sguardo costruttivo verso il futuro della comunità”.

Per superare gli scogli che allontanano i giovani da una partecipazione attiva nella società, secondo Gagliardo occorre da un lato che l’educazione “ritrovi la sua dimensione di promessa, di apertura al futuro e non cura del malessere, adeguamento alle culture dominanti" e dall’altro che anche gli adulti siano disposti a fare un passo indietro, che “imparino a cedere pezzi di potere, a collaborare e abilitare i giovani nell’esercizio del loro potere”.

I temi sollevati da questa prima fase di avvio della ricerca di YEPP ITALIA sono molteplici e variegati: attraverso i prossimi articoli proveremo a restituire i passi successivi che porteranno ad una preziosa raccolta dei pensieri e del modo di agire dei giovani sull’argomento.