Il Paese crescerà se i giovani avranno un ruolo diverso

Il Paese crescerà se i giovani avranno un ruolo diverso

Nel maggio 2022 YEPP Italia ha avviato una ricerca, sostenuta dalla Fondazione Compagnia di San Paolo, sul tema “Cittadinanza attiva e volontariato dei giovani”. L’obiettivo è indagare il significato della partecipazione giovanile, come stia mutando nelle sue forme, cosa rappresenti per i giovani, quali siano le condizioni che la rendono possibile nei percorsi di cittadinanza attiva e di volontariato, quali gli elementi che invece la ostacolano. 

La ricerca trova corrispondenza in una precisa volontà della Fondazione Compagnia di San Paolo di indagare la condizione delle nuove generazioni e in un’attenzione particolare al loro ruolo nei processi decisionali, istituzionali e di cambiamento della comunità. Ne abbiamo parlato con Marzia Sica, responsabile dell’Obiettivo Persone della Fondazione, e con Luca Grbac referente della Missione Collaborare per l’Inclusione.

“Questa attenzione nasce da un’analisi dei fenomeni demografici e delle diseguaglianze in atto - spiega Marzia Sica -. In un Paese in cui ci sono sempre meno bambini e giovani, diventano una risorsa rara. Le politiche attuali non sembrano collocare nella parte alta delle loro agende i minori e i giovani, un dato evidenziato anche dall’Istat che analizza come una grande fetta dei poveri in Italia siano proprio le nuove generazioni. È un paradosso che va colmato”.

“Sul fronte delle diseguaglianze - proseguono Sica e Grbac - vediamo che i giovani sono tra i profili con meno risorse, meno strumenti, tra i più discriminati. Come ente filantropico con una forte mission sociale guardiamo da un lato a come contribuire per ridurre le diseguaglianze, dall’altro a come eliminarne le cause, comprese quelle educative che impediscono a minori e giovani di avere dei percorsi efficaci quindi di avere potenzialmente un ruolo di cittadini a tutto tondo nella comunità in cui vivono”.

Rispetto a questa situazione, la Fondazione sottolinea il cortocircuito che si innesca: bambini poveri, anche economicamente, sono destinati a diventare adulti e genitori poveri. Questi processi impediscono il cambiamento sociale e di conseguenza il riscatto dalla povertà per intere generazioni, trasformandola in un fenomeno di trasferimento inter generazionale, quasi ereditario, sintomo di un “ascensore sociale” ormai bloccato nel nostro Paese, a differenza di molti altri Stati europei. 

Ma un fattore di impedimento alla partecipazione dei giovani, secondo Fondazione Compagnia di San Paolo, è anche lo scarso investimento che gli adulti hanno su di loro. "Come vediamo dai livelli di investimento delle politiche sociali per fasce d’età, i giovani - precisa Marzia Sica - sono culturalmente considerati in misura diversa e gli investimenti di conseguenza si concentrano su altre fasce. La crescita e lo sviluppo del nostro Paese saranno possibili solo se i giovani avranno un ruolo diverso, se concorreranno alla realizzazione del futuro, se avranno possibilità di scelta, di avere voce sulle politiche nazionali, locali, ma anche di comunità, se troveranno spazio nelle organizzazioni (scuola, terzo settore, lavoro ...). In questi contesti i giovani hanno ancora poca possibilità di incidere: se guardiamo all’associazionismo sono pochi, nelle aziende in media il numero dei dipendenti è sui 40 anni, 50 nella Pubblica Amministrazione. Sono le istituzioni pubbliche a creare le politiche rivolte al futuro e i giovani rispetto a questo futuro hanno ancora poca voce e poco potere”.

Nella sua mission sociale e di ente che lavora per la crescita del territorio, la Fondazione Compagnia di San Paolo ha perciò invertito la rotta, attribuendo via via sempre più importanza ai giovani, andando ad individuare dinamiche e processi in cui abbiano maggiore potere, in cui partecipino contribuendo al disegno di progetti e azioni nelle loro comunità.

“Da tempo lavoriamo in programmazioni come YEPP capaci di dare ai giovani un metodo solido per acquisire gradualmente autonomia e potere nell’interlocuzione con gli enti pubblici - ribadiscono Sica e Grbac - Non ci si può improvvisare: per partecipare attivamente bisogna avere competenze che vanno poi sistematizzate. Il metodo YEPP dà questa impronta: parte dalla volontà dei giovani di agire in maniera operativa e pratica, accompagnandoli poi nei percorsi che decidono di intraprendere. Da YEPP siamo passati poi al sostegno a progetti dei giovani tramite bandi come “GxG - Giovani per i Giovani”. Infine la decisione di intraprendere un percorso, lo “Young Advisory Board”, in cui sperimentiamo la partecipazione di un gruppo di giovani al disegno della programmazione della Compagnia e alla sua governance, fungendo da consulenti al Consiglio Generale”.

Cedere potere da parte degli adulti per permettere finalmente ai giovani di acquisire l’autorevolezza di esprimere il loro punto di vista è un punto cruciale secondo la Fondazione. “Dobbiamo uscire dalla rappresentazione dei giovani come un problema - dice Luca Grbac - Sono portatori di sguardi diversi e per la prima volta questa generazione sta peggio della precedente. Per questo stiamo cercando di costruire situazioni nelle quali i giovani possano essere interlocutori alla pari con gli adulti, in cui possano avere competenze e farci capire cosa serve ai loro coetanei. Guardare attraverso i loro occhi può aiutarci a migliorare la società tutta. Stiamo chiedendo sempre di più ai giovani di prendersi delle responsabilità, cosa che fanno e che sfata un pregiudizio su di loro. Questa spinta conferma le loro potenzialità: quando hanno la possibilità di farlo, riescono sempre ad essere costruttivi e produttivi”.

Proprio per questo motivo, la presenza nel gruppo di lavoro della ricerca di due giovani under 30, trova il parere favorevole della Fondazione Compagnia di San Paolo che vede nella ricerca uno strumento fondamentale anche per ottenere indicazioni sulla sua programmazione futura.

Ma quali sono, dal suo punto di vista, gli ostacoli alla partecipazione giovanile che la Fondazione percepisce dal suo particolare osservatorio di ente con una mission ad alto impatto sociale?

“Un primo ostacolo è culturale - spiegano Sica e Grbac -. I giovani sono una porzione della popolazione che viene sempre vista come un attore del futuro, quindi da guidare, orientare ... mai nella sua condizione presente. Si tratta di una visione assistenzialista che permea tutta la società: dai concorsi al sistema scolastico basato ancora molto sul docente come veicolatore di conoscenza, anziché guardare al ruolo che l’educare può avere nell’aiutare lo studente ad individuare un metodo di conoscenza e percorsi di crescita, in una relazione più dinamica, di stimolo, empatia, che non necessariamente il sistema attuale sa applicare. C’è poi una necessità da parte dei giovani di acquisire competenze che non sono quelle di base, oggetto dei loro apprendimenti a scuola, per quanto importanti. Ci sono competenze trasversali che non sono allenate”.

Sempre tra gli elementi culturali di ostacolo la Fondazione vede anche una peculiarità della cultura italiana che non accetta il rischio e l’errore come occasione di apprendimento. “C’è un sistema giudicante degli adulti verso gli altri, in primis i giovani - afferma Grbac -. L’errore viene visto come qualcosa di sbagliato anziché un’occasione di tentativo, di apprendimento, di miglioramento continuo. In altri Paesi invece sbagliare è visto come un fattore di successo perché si è stati capaci di adattare il proprio progetto in base agli errori commessi. Questa cultura non consente di portare i giovani, tramite l’ascensore sociale, a ruoli diversi e più importanti”.