(Ri)pensare se stessi e i luoghi

(Ri)pensare se stessi e i luoghi

Si può essere diversi, venire da posti diversi, avere storie diverse, però quando si ha una domanda comune e quindi un certo modo di volersi interessare di alcuni temi, alla fine ci si incrocia sulla stessa strada per un momento; e questa è stata la nostra esperienza di tre giorni. Trovo che incontrarsi e avere l’occasione di confrontarsi, scoprire nuove cose e anche cambiare punto di vista sia molto bello. È qualcosa che ti rimane quando torni a casa; ogni pezzettino di quell’esperienza ti rimane.

È uno dei primissimi pensieri che condivide con noi Elisabetta Girani, 20 anni, matricola di giurisprudenza a Bologna e parte del gruppo di giovani di YEPP Forlì da ormai un anno. Sta parlando dell’esperienza fatta a Bisaccia, in Irpinia, a inizio marzo scorso insieme ad altri 10 ragazzi del gruppo di supporto e al loro coordinatore Cesare Pomarici. Ma come sono arrivati dalla Romagna alla Campania?

All’interno del loro percorso YEPP, i giovani di Forlì hanno deciso di lavorare per un cambiamento del contesto culturale forlivese per renderlo più partecipato e per stimolare il senso di appartenenza e responsabilità nei confronti della città e dei suoi spazi. Puntando sull’arte per raggiungere questo obiettivo, hanno organizzato durante l’anno numerosi workshop di scrittura e di arti visive e incontri con esperti. Tra gli ospiti che hanno invitato c’è stato anche Franco Arminio. Poeta, scrittore, filosofo e regista, Arminio è colui che ha coniato il termine “Paesologia”, ovvero “l’arte dell’incontrare e raccontare i paesi e i luoghi, percepiti come centri di vita associata immersi nel territorio e nella storia e interpretati fuori da ogni rigido schema disciplinare”; tema che ben si collega alle attività del Piano Operativo dei giovani forlivesi. Arminio ha raccontato ai ragazzi le sue terre e il rapporto difficile con quei luoghi, e a conclusione del workshop tenuto a Forlì, li ha invitati ad andare a Bisaccia, in Irpinia, presso la Casa della Paesologia - che lui stesso ha fondato e gestisce. La proposta è stata subito accolta con entusiasmo dai ragazzi.

Noi già prima di andare a Bisaccia avevamo analizzato la tematica del luogo, quindi mi sembra sia stata un’opportunità fantastica per approfondire questo tema.” - dice Enrico Gualterotti, 18 anni, liceale - “Secondo me ci ha dato prospettive in più sul luogo inteso come persone, inteso come valorizzazione della terra sentendosene parte integrante, anziché sentirsi solamente di passaggio in un luogo.

Quando i ragazzi hanno raccontato questa esperienza, la prima cosa che è emersa è stata l’accoglienza ricevuta dalle persone del posto. È emersa poi con forza la centralità che hanno avuto la condivisione e il confronto; non solo con gli abitanti di Bisaccia ma anche, se non in primis, all’interno del gruppo stesso dei forlivesi. L’aver infatti vissuto tre giorni in totale immersione in quel contesto ha fatto sì che potessero conoscersi meglio tra loro e soprattutto consolidare il loro legame come gruppo; un’importante esperienza di vero e proprio team building che sono convinti li aiuterà molto nell’organizzazione di future attività YEPP a Forlì.

E che forse è stata in parte ispirata anche da uno degli aspetti che più li ha colpiti degli abitanti di Bisaccia: “Mi ha colpito molto la solidarietà che c’è tra di loro” - dice Maddalena Petrini, 19 anni, liceale - “si pensano proprio come una grande comunità che deve lavorare insieme per costruire qualcosa di buono.” L'essere diventati ‘più gruppo’ non è l’unica cosa che si sono portati a casa.

Sempre Maddalena Petrini ha raccontato ad esempio di come sia stata ispirata a coltivare la scrittura nella sua quotidianità: “Mi ha emozionata molto il fatto che (gli abitanti di Bisaccia, ndr) si dedichino all’arte, alla cura dell’animo, a fare poesia, a dipingere, alla musica; coltivano la propria interiorità, le proprie passioniE queste cose danno quasi senso alla loro vita e a quello che stanno facendo per il loro paese, perché le vedono come un qualcosa per la comunità.” Maddalena ha recepito questo forte stimolo e da quando è tornata a Forlì sta provando anche lei a dedicare più tempo a queste attività.

Dalla riflessione finale del gruppo un altro aspetto da cui lei e gli altri sono rimasti colpiti è stata la differente concezione del tempo che hanno percepito a Bisaccia: “Sembrava che le persone in qualche modo stessero combattendo lo scorrere del tempo, la velocità della vita che c’è altrove” - spiega Maddalena - “tutto va lento perchè viene coltivato, non viene tralasciato; e proprio questo concetto di sostare sulle cose, rifletterci, curarle, è un qualcosa di bellissimo che invece nella nostra realtà spesso viene tralasciatoPerò noi come gruppo abbiamo molta sensibilità rispetto a questo concetto dell’avere più attenzione per i luoghi. Cerchiamo di soffermarci su ciò che sta fuori di noi, sull’osservare e sul vedere magari le cose anche da un’altra prospettiva”.

Enrico Gualterotti ci ha raccontato invece di come personalmente sia stato invogliato ad apprezzare e investire di più sulla sua ‘eredità territoriale’: “Questi ragazzi (di Bisaccia, ndr) tengono molto alla loro terra perché sono plasmati su di essa, e penso sia una cosa che nelle città più grandi non succede. Ad esempio io non sento che la mia persona sia caratterizzata da Forlì, che sia molto parte di me; invece in questi ragazzi si vedeva molto. Mi ha fatto venir voglia di valorizzare e farmi valorizzare dalla mia città, trovare un motivo per cui la mia città e il mio territorio siano elementi che mi contraddistinguono. Ho deciso per esempio di imparare meglio il dialetto romagnolo.”

E proprio questa differenza nella percezione e nell’approccio al territorio d’origine fra i ragazzi di Forlì e gli abitanti dell’Irpinia è stata non solo al centro delle attività che hanno svolto e della loro interlocuzione con le persone che hanno incontrato, ma anche l’aspetto che più li ha toccati.

Mi ha colpito tantissimo il rapporto che i ragazzi soprattutto avevano con la loro terra. Nonostante riconoscano che nel loro territorio ci siano poche possibilità e siano costretti ad andare a studiare in altre città, vogliono tornare a tutti i costi, portando nella loro piccola realtà quello che hanno studiato o appreso fuori. Riconoscono che lì ci sono cose preziose che sono parte di loro, che amano e che ritengono siano sottovalutate o poco sfruttate. E per questo non vogliono cercare di far fortuna o trovare il loro posto altrove perché la loro casa gli dà poche possibilità, ma vogliono costruire loro stessi le possibilità per il loro futuroNon rimangono per comodità o per paura di andarsene; non è una questione di agio ma di coraggio”. Maddalena Petrini sta parlando del fenomeno che in antropologia viene definito ‘restanza’; un concetto che l’ha fatta molto riflettere e l’ha portata a mettere in discussione le idee che aveva sempre avuto. Frequentando l’ultimo anno di liceo si trova infatti in un periodo di scelta rispetto all’università; si è resa conto di aver sempre pensato di voler studiare fuori ma di come al momento non ne sia più così certa.

Anche Elisabetta Girani ha riflettuto a lungo su questo aspetto, e la complessità della questione le ha fatto sorgere grandi domande. “Conoscevo già il concetto di restanza, ma lì è diventato evidentissimo. A livello emotivo, ti senti piccolo rispetto a questa domanda: perché restare, perché non andare via? Se ti trovi in posti un po’ desolati, con poche cose da fare, con pochi giovani, ti viene un po’ il magone in certi momenti. Davanti a ciò mi sono sentita molto impotente e tutt’ora non ho una risposta di fronte a queste domande”. E aggiunge che provare ad immedesimarsi in una realtà diversa e in altre persone, provare a capire le loro fatiche e bisogni, è stata un’esperienza che ha fatto cambiare un po’ prospettiva all’intero gruppo: “È importante per rendersi conto di cose che spesso non consideriamo, ed è utile per aprire gli orizzonti e non adagiarsi nella propria situazione ma poter fare qualcosa in concreto per migliorarla”.

Questa esperienza di scambio ha rappresentato insomma per i ragazzi di YEPP Forlì una grandissima occasione di arricchimento personale e collettivo. Grazie alla loro curiosità hanno colto e raccolto moltissimi spunti che hanno aumentato il loro bagaglio di consapevolezza e strumenti da poter investire nelle loro vite e nel prossimo anno di lavoro con YEPP.

C’è un movimento verso una direzione comune, cioè quella di trovare il modo di creare un’unione tra i forlivesi, e in particolare tra ragazzi giovani” - Enrico Gualterotti.